Che lo sport faccia bene e che sia fondamentale per gli adulti e per i bambini “futuri adulti” è cosa oramai nota. Lo sport, si sa, aiuta i bambini a crescere sani, a prevenire l’obesità, a socializzare, scaricare le energie e rilassarsi. E’ un vero e proprio toccasana per il corretto sviluppo psicofisico. Siamo a settembre ed è il momento ideale per iniziare una nuova attività.
Ma qual è l’età migliore per iniziare? e qual è l’attività fisica più adatta in base all’età dei bambini?
Queste sono le domande che spesso mi rivolgono i genitori, che hanno il compito sia di educare allo sport i loro figli senza troppo forzarli, che di scegliere tra una vasta (e a volte disorientante) rosa di attività. L’approccio migliore è quello di accompagnarli allo sport alla giusta età, senza anticipare i tempi, senza esagerare e monitorando costantemente le loro inclinazioni, il coinvolgimento e le reazioni all’attività fisica.
Prima dei 3 anni sconsiglio sempre di iniziare qualsiasi attività sportiva ad eccezione del nuoto che può essere praticato fin dai primi mesi di vita. Intorno ai 4 anni si può praticare ed è consigliabile sia la ginnastica artistica che le arti marziali. Dopo i 6 – 8 anni si possono cominciare tutte le attività di squadra.
L’importante è che vostro figlio si diverta e non senta che pretendiate da lui una performance da campione. Va sostenuto, guidato e incoraggiato e non trattato come un re o una regina.
Per piacere personale e per tenermi in forma negli anni ho praticato differenti attività sportive scoprendone benefici fisici e anche psicologici ed indicazioni specifiche a seconda delle peculiarità della disciplina stessa. Recentemente ho conosciuto un’arte marziale chiamata Jiu Jiutsu Brasiliano (Brazilian Jiu Jitsu o BJJ) che i più esperti chiamano “arte soave” o “arte del debole che vince il forte”, disciplina che pratico oramai da circa un anno che mi ha piacevolmente colpita per le sue inaspettate “doti terapeutiche”.
Arte soave perché in questa disciplina, pur essendoci contatto fisico non ci sono colpi: niente calci e niente pugni. E perché, come dice il Maestro Dario Bacci, responsabile in Europa della Jean Jacques Machado Academy e vice presidente dell’ Unione Italiana Jiu Jitsu, lo stile brasiliano del Jiu Jitsu “è come il gioco degli scacchi del corpo umano, promuove sensibilità e scioltezza, estro motorio, economia di movimento ed intelligenza strategica. E’ un ottimo strumento di autodifesa, adatto a qualsiasi livello fisico, età o sesso”.
Un’arte elegante in cui non conta solo la forza fisica, ma anche e soprattutto quella mentale e psicologica. E, dulcis in fundo, la disciplina sportiva con il minor numero di traumi ed infortuni strettamente legati all’attività stessa (aspetto che tanto preoccupa i genitori).
Tra gli sport, il Brazilian Jiu Jitsu è sicuramente uno dei più completi poiché favorisce una corretta coordinazione neuromotoria e sostiene l’armonico sviluppo di ossa, muscoli e articolazioni. E’ un’arte fatta di riti e tradizioni che crea una forte coesione nel gruppo e aiuta a sviluppare la fiducia in se stessi. Aumenta inoltre la conoscenza, la consapevolezza ed il controllo del proprio corpo.
Nel BJJ il contatto corporeo, il confronto fisico, fondamentale per un corretto sviluppo psicofisico del bambino, è vero e sicuro in quanto inserito in un contesto giocoso e al tempo stesso educativo, monitorato costantemente da un maestro che fa da guida e sostegno.
Durante la pratica del BJJ il bambino ha la possibilità di vivere frequentemente il contatto corporeo a 360 gradi in maniera protetta (contatto che è buono e sano che lui ricerchi), sperimentando differenti modalità di relazione, sue e degli altri bambini. Ha l’opportunità di cimentarsi in azioni e reazioni che può rivivere e riconoscere anche fuori dalla palestra nelle interazioni con i suoi pari e con gli adulti (piccoli scontri, confronti, discussioni e capricci).
Sperimentare lo scontro in un luogo sicuro, con un maestro che mamma e papà hanno scelto per lui e che come loro rappresenta una “base sicura affettiva e regolativa” è certamente per il bambino un esercizio non solo utile, ma indispensabile per imparare a relazionarsi con gli altri in maniera corretta traendone grandi benefici sia in ambito personale che relazionale ed educativo.
Succede spesso infatti che gli scontri tra bambini vengano repressi, a scuola come a casa, per paura che il bambino si faccia male e per timore che ne faccia agli altri. Così facendo il bambino non impara a tollerare l’opposizione degli altri e nelle situazioni critiche non saprà come reagire, avrà esplosioni di rabbia quando le cose non vanno come dice lui. Per questi motivi diventa fondamentale che il bambino sperimenti, nei luoghi adatti come la palestra e nelle corrette modalità come nelle “regole” del BJJ, l’opposizione degli altri e la diversità. Imparerà quindi a saper gestire al meglio le proprie potenzialità e reazioni, le reazioni e le relazioni dell’altro e con l’altro e svilupperà una personalità aperta al confronto, tollerante nei confronti dell’altro e non totalmente centrata su di sé.
Molti genitori mi chiedono se devono lasciar litigare i propri figli, se li devono lasciar fare quando vedono che iniziano un confronto fisico. La mia risposta è si, meglio se sono su un tatami! Anche a casa è necessario essere tolleranti, almeno all’inizio perché se il proprio figlio si mostra litigioso ci sta dicendo che sta cercando un “incontro” con l’altro, incontro cercato ed espresso sotto forma di gioco e di lotta, fondamentale e necessario per la crescita del bambino e che purtroppo spesso noi adulti fatichiamo a riconoscere e dal quale siamo spaventati.
Per questo consiglio oramai da qualche tempo di favorire la pratica di un’arte marziale così completa come quella del Jiu Jitsu Brasiliano.
Un’arte soave ed elegante che dà la possibilità al bambino di conoscere una sport autentico, divertente e coinvolgente attraverso il quale sperimentarsi e misurarsi in un contesto che è anche educativo e sicuro per la sua crescita fisica, personale e psicologica.
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